Pala d’altare “Immacolata Concezione” di Girolamo Forni all’interno dell’Ex Chiesa di San Biagio a Vicenza

Il convento di San Biagio, in prossimità del ponte Pusterla, venne edificato nella prima metà del Cinquecento. Il 20 dicembre del 1521 la comunità francescana acquistò da Cardino Poiana, figlio di Gregorio, un possedimento di terreni in Pra’ del Purgo, detto anche contra’ dell’Asenello, in una zona che si staccava dalla contrada poi chiamata di Pedemuro San Biagio e che arrivava fino alla sponda del Bacchiglione, presso il ponte di Pusterla.

All’interno della Chiesa di San Biagio, vennero posizionate opere dei grandi F. Maffei, B. Montagna, A. Maganza e non mancò l’opera di Girolamo Forni che dipinse la Pala d’altare “Immacolata Concezione”. Sappiamo che fu oggetto di una controversia tra le famiglie Cappasanta e Ferramosca che rivendicavano entrambe la proprietà dell’altare e del relativo dipinto. Nel 1802 la tela venne restituita a Leonardo Ferramosca e da allora non abbiamo più notizie della collocazione dell’opera.

Non abbiamo alcuna immagine nè dell’opera, nè dell’aspetto originale della Chiesa che purtroppo subì, insieme al convento e il resto del complesso, una serie di cambiamenti di destinazione d’uso. Il convento divenne carcere e la chiesa divenne stalla. Fu una trasformazione a tratti radicale, che portò a demolizioni, innalzamenti, superfetazioni, chiusure e, nell’ambito dell’orto, a nuove costruzioni, che continuarono per tutta la seconda metà dell’Ottocento ed anche nel Novecento, fino al 1986, quando San Biagio fu abbandonato dall’amministrazione carceraria. Paurosi oltraggi subì nel frattempo anche la chiesa. Non bastarono la spoliazione e le conseguenti dispersioni, non bastò neppure il dispregio con cui la gestione napoleonica ne fece la stalla per la cavalleria. Nel 1928 parte del fabbricato claustrale e la chiesa furono cedute al Reale Automobile Club d’Italia, affinchè ne ricavasse la propria sede e facesse uso della volumetria dell’edificio religioso per installarvi un’autorimessa pubblica. Ecco l’origine di quel vergognoso uso, che ancor oggi si perpetua. Ora la struttura, convento, chiesa, perfino edifici carcerari, affronta una decadenza senza riparo.